Arriva la censura del web

Una proposta di legge che, combattendo la pirateria digitale, spinge
verso una censura del web. Una censura dall’alto, con un rigore mai
visto prima in Italia. E a farne le spese potrebbero essere non solo
gli utenti ma anche soggetti come YouTube, a vantaggio di Mediaset e
delle emittenti che sentono violati i propri diritti d’autore.

Sono questi aspetti che stanno facendo
divampare le polemiche, in rete, sulla prima proposta di legge arrivata
al neonato Comitato tecnico governativo contro la pirateria digitale e
multimediale. Il documento è trapelato sul web e pubblicato da Altroconsumo,
associazione dei consumatori, che lo boccia allarmata: "Il
provvedimento appare arcaico, protezionista e contrario agli interessi
dei consumatori e dell’innovazione del mercato digitale".

"Ad inquietare sono numerosi punti di quella proposta", spiega a Repubblica.it
Guido Scorza, avvocato tra i massimi esperti di internet in Italia.
"Per prima cosa, si dà una delega in bianco al governo, per attuare
nuove misura a difesa del diritto d’autore. I imponendo responsabilità,
in caso di violazione, a utenti e a"prestatori di servizi della società
dell’informazione". Chi sono questi soggetti? "Nella proposta si parla
anche di provider internet, che però per il diritto comunitario,
recepito in Italia, non possono essere responsabili di quanto fatto dai
propri utenti. Pensiamo allora che la proposta voglia attribuire
responsabilità, ora non certe sul piano giuridico, a soggetti come
YouTube e a fornitori di hosting".


"Se passasse questa proposta, certo
YouTube perderebbe la causa contro Mediaset e altre emittenti che lo
denunciano per la presenza di materiale pirata sul portale", aggiunge
Scorza. YouTube (e altri portali analoghi) chiuderebbe in Italia,
subissato da cause perse, o sarebbe a cambiare molto il servizio solo
per gli italiani.
La proposta non parla di misure contro
gli utenti che violano il diritto d’autore (scaricando e condividendo
file pirata), "ma quella delega in bianco non lascia presagire nulla di
buono. Potrebbe essere la nota misura della disconnessione coatta degli
utenti da internet, la cosiddetta dottina Sarkozy,
che questo governo, la Siae e Fimi hanno già dichiarato di apprezzare".
Dottrina che però è ancora in forse e ha già ricevuto una bocciatura dal parlamento europeo perché lesivo dei diritti degli utenti.

Sorprende poi un articolo, nella proposta, che con il diritto d’autore
non ha niente a che vedere ma che ha il sapore della censura a 360
gradi: "Attribuzione di poteri di controllo alle Autorità di governo e
alle forze dell’ordine per la salvaguardia su tali piattaforme
telematiche del rispetto delle norme imperative, dell’ordine pubblico,
del buon costume, ivi inclusa la tutela dei minori".

Insomma, una specie di commissione di
censura di quello che sta sul web, come avviene per il cinema, ma con
ricadute molto più pesanti: perché andrebbe a porre paletti alla
possibilità di ciascun utente di leggere o pubblicare una notizia o un
video d’informazione. Su uno sciopero non autorizzato, per esempio, o
su alcuni fatti potenzialmente diffamanti per un politico. Si noti che
una norma simile, il Child Safe Act, voluto da Bush, è appena stata
dichiarata anticostituzionale negli Usa. L’Italia andrebbe quindi
contro tendenza, se passasse la proposta.

A contorno di tutta la vicenda c’è un
giallo. In rete i primi commenti hanno attribuito la proposta alla
Siae, che siede al Comitato. La Siae nelle scorse ore ha smentito
quest’attribuzione, ma senza entrare nel merito del documento. Ha
smentito, insomma, solo di esserne il padre, ma non ne ha negato
l’esistenza. Addetti ai lavori continuano però a sospettare che sia
stata proprio la Siae a redigerlo. Il motivo è che il nome della Siae
appare indicato come l’autore del documento, nelle proprietà del file
della proposta di legge trapelato agli addetti ai lavori (e che Repubblica.it ha potuto leggere).

"Crediamo che adesso, dopo questa polemica, si possa tornare a
discutere prendendo le distanze da quel documento. Così, del resto, il
governo ci aveva promesso: il ministro Sandro Bondi (per i beni e le
attività culturali) aveva detto infatti che la proposta di legge
sarebbe arrivata al Comunicato solo dopo una consultazione con le varie
parti", dice Marco Pierani, responsabile rapporti istituzionali di
Altroconsumo. Consultazione che ancora non è avvenuta. Ecco perché i
consumatori si sono sentiti traditi all’arrivo di questa proposta di
legge.

Fonte: Repubblica.it

Materiale: Testo della proposta di legge.

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